Mare aperto, il “romanzo” del Mediterraneo che unisce e divide
I fenici e i missili di Gheddafi, l'ossidiana di Pantelleria e le tartarughe di Lampedusa, i trafficanti libici e i migranti: nel suo libro Luca Misculin tiene insieme una storia di millenni. Per raccontare il mare che ci dice da dove veniamo e (forse) dove andremo
«Il Mediterraneo è un mare che ha sempre avuto due facce: quella che unisce e quella che divide». Luca Misculin, giornalista del Post, ha toccato decine di luoghi intorno al Canale di Sicilia, per scrivere “Mare aperto. Storia Umana del Mediterraneo Centrale”
Il Mediterraneo non solo come uno spazio geografico, ma come un luogo di conflitti, scambi e trasformazioni che abbracciano millenni di storia umana.
Nella presentazione a Materia Spazio Libero, Misculin – intervistato da Roberto Morandi di Varesenews – ha esordito spiegando che il Mediterraneo Centrale, una porzione che si estende tra Sicilia, Malta, Tunisia e Libia, è particolarmente emblematica di questa ambivalenza. Da un lato, il mare è stato «un continente di scambi pacifici e di globalizzazione»; dall’altro, è stato «un mare che ha diviso, che ha respinto e che ha visto scontri sanguinosi», nell’antichità e fino ai giorni nostri, con la Libia dilaniata dalla guerra civile e in mano alle milizie.
Il Mediterraneo, ha sottolineato Misculin, è il mare che collega tre continenti e che ha avuto un ruolo cruciale nelle migrazioni, nei commerci e nei conflitti.
La conversazione ha percorso una rotta che ha toccato le isole del Mediterraneo Centrale, simboli di questa eterogeneità geografica e storica. Misculin si è soffermato in particolare su Lampedusa e Pantelleria, isole che incarnano la complessità di questo mare. Pantelleria, pur essendo un’isola vulcanica fertile, è stata per millenni al centro di rotte commerciali grazie alla sua produzione di ossidiana, un materiale ricercato in tutto il Mediterraneo. Misculin ha raccontato come, già nel Neolitico, i popoli del Mediterraneo centrale si scambiassero beni e risorse, creando una rete di relazioni che travalicava i confini.
Un capitolo dedicato a Pantelleria esplora anche la sua trasformazione nei secoli. Misculin ha ricordato come, nel periodo fascista, l’isola divenne teatro di un progetto fallimentare di militarizzazione sotto Benito Mussolini, che tentò di trasformarla in una rocca per il controllo del Mediterraneo centrale. Una assurdità simboleggiata dall’enorme “Hangar Nervi” (che in realtà non è progettato da Pieluigi Nervi, come voleva una vulgata a lungo diffusa): «Nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, Pantelleria venne occupata dagli alleati con una rapidità impressionante, senza che l’enorme struttura militare voluta da Mussolini avesse alcuna utilità strategica».
La Odissea migratoria del Mediterraneo
Uno degli aspetti più potenti del libro riguarda il racconto delle migrazioni contemporanee, con particolare attenzione al tragico fenomeno dei naufragi. Misculin ha evidenziato come Lampedusa, da isola remota, sia diventata simbolo della rotta migratoria tra Nord Africa e Europa. Il giornalista ha citato l’incredibile tragedia del 3 ottobre 2013, quando un vecchio peschereccio, partito da Misurata, affondò al largo di Lampedusa, causando la morte di oltre 360 persone. «Lampedusa è un’isola che porta con sé una doppia identità: quella di un luogo accogliente, ma anche quella di un luogo che respinge e nasconde la sofferenza di chi arriva via mare». A volte sono luoghi vicinissimi: il frastuono e le luci di via Roma, corso centrale della cittadina dell’isola, e il molo su cui vengono allineati i corpi dei migranti che non sono sopravvissuti alle traversate.
Paradossalmente proprio il ruolo di primo approdo all’Europa ha reso nel tempo più nota l’isola anche al turismo. Come era già avvenuto nel 1986, quando il leader libico Gheddafi bombardò (forse) le infrastrutture Nato all’estremità Ovest di quel lembo di terra.
Tragedie e scoperta turistica s’intrecciano nel racconto, che delinea la complessità degli incontri umani – tutt’altro che lineari – nel “mare nostrum”.
Il clima e il Mediterraneo: una storia di mutamenti
Nel corso dell’intervista, Misculin ha discusso l’importanza del cambiamento climatico nella storia del Mediterraneo. Il libro analizza come eventi naturali, come periodi di siccità, abbiano avuto impatti devastanti sulle civiltà mediterranee, determinando crolli economici e politici. «Il Mediterraneo è un luogo di contrasti climatici estremi, dove il deserto del Sahara si avvicina alle acque del mare». In particolare, ha ricordato come l’epoca della tarda età del bronzo, intorno al 1200 a.C., sia stata segnata da un grave cambiamento climatico che portò al crollo delle civiltà dell’epoca. «Abbiamo scoperto che la causa di questo collasso fu il cambiamento climatico, che mise in crisi l’agricoltura e i commerci».

L’Europa e la Libia: sguardi sul futuro
Infine, Misculin ha parlato del presente e del futuro del Mediterraneo, con un focus sulla Libia e sulle sue implicazioni geopolitiche. Attualmente teatro di una guerra civile, il Paese nordafricano rappresenta uno «specchio specchio di fronte a cui possiamo vedere cosa ci sta succedendo e cosa diventeremo. La Libia è un Paese che viviamo attraverso la distanza, ma che rappresenta un centro di tutte le contraddizioni politiche, economiche e sociali che l’Europa dovrà affrontare».
In conclusione, Misculin ha voluto ribadire l’importanza di un approccio che non semplifichi la realtà del Mediterraneo, ma che ne riconosca la sua complessità storica e contemporanea. Il libro Mare aperto è un’indagine storica, un reportage sulla contemporaneità, ma soprattutto un invito a riflettere sul nostro rapporto con questo mare e con le sue sfide future.
Un saggio che in molti passaggi sembra un romanzo, dallo stupore dei navigatori di tremila anni fa che scoprirono l’ossidiana a Pantelleria fino ai missili Scud di Gheddafi, dall’isola effimera comparsa nel 1832 alla musica pop di Malta, dai mercanti fenici agli attivisti di Alarm Phone che aiutano i migranti in mare. Un romanzo lungo millenni, senza ancora la parola fine.










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