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La crepa e la luce: a Materia il 4 dicembre la testimonianza di Gemma Calabresi Milite

Un incontro per ascoltare come, attraverso mezzo secolo di ricerca interiore, una donna abbia imparato a guardare oltre il male subito, restituendo dignità ai “responsabili” della sua tragedia e mostrando che la luce può nascere persino nelle crepe più profonde

Generico 17 Nov 2025

Il 4 dicembre Materia accoglie una voce capace di toccare nel profondo le coscienze: Gemma Calabresi Milite, autrice del libro La crepa e la luce, Mondadori. Una donna che, attraverso un percorso umano e spirituale lungo oltre cinquant’anni, ha trasformato la ferita più dolorosa della sua vita in un cammino verso la pace, la fede e il perdono.

La sua storia intreccia uno dei capitoli più laceranti della storia italiana: l’assassinio del marito, il commissario Luigi “Gigi” Calabresi, ucciso a Milano il 17 maggio 1972 durante gli anni di piombo. Un omicidio preceduto da una violenta campagna diffamatoria che aveva isolato e travolto ingiustamente un uomo innocente. È da quel mattino, raccontato mille volte eppure sempre difficile da rivivere, che inizia il percorso narrato da Gemma: il dolore improvviso, la cravatta bianca del marito, la notizia sussurrata da una sconosciuta, il buio.

Eppure, proprio nel momento più terribile della sua vita, Gemma parla di un dono. Lo chiama “l’esperienza del divano”: una pace assurda e inspiegabile, una forza inattesa, una presenza che lei riconosce come Dio. «Quella mattina ho ricevuto il dono della Fede», racconta. Una fede che negli anni è diventata la bussola del suo cammino umano, familiare e spirituale.

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Il cuore del cammino: il perdono

Il centro della testimonianza di Gemma è un messaggio che può apparire radicale, e proprio per questo universale: il perdono non si dà con la ragione, ma con il cuore. Non è una scelta calcolata, non nasce da un ragionamento, non è il risultato di un bilancio fra pro e contro. È un cammino lungo, fragile, spesso pieno di inciampi. È un dono, dice Gemma, ma anche un percorso di libertà e di restituzione della dignità umana.

Ripercorrendo gli anni dell’interminabile processo, ricorda l’attimo in cui, osservando in aula uno degli imputati abbracciare il proprio figlio, ha visto non un “assassino” ma un uomo: un padre, un marito, un amico. «Che diritto avevo io di relegare per sempre quegli uomini al loro gesto peggiore?», si è chiesta. Da quella domanda è iniziato un cambio di sguardo che ha segnato tutta la sua vita.

Una testimonianza per tutti

Nella sua voce non c’è eroismo, non c’è distanza, non c’è retorica. C’è invece una straordinaria normalità che ci riguarda tutti: «Il perdono non è appannaggio della Chiesa — dice — prima o poi tutti avremo qualcuno da perdonare o dovremo essere perdonati». È un invito a non lasciarsi intrappolare dall’odio, a non ridurre le persone alle loro cadute, a ricordare il bene che ciascuno lascia nel mondo.

Ai bambini cui insegnava religione ripeteva che nella vita di ognuno convivono bene e male, e che la memoria non deve essere un tribunale ma un luogo in cui custodire ciò che costruisce. È da questa prospettiva che ha scelto, su suggerimento della madre, la frase del necrologio del marito: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Una frase accettata allora come un gesto di rottura della catena dell’odio, e compresa pienamente solo molti anni dopo.

Un invito ad aprirsi alla luce

L’incontro del 4 dicembre sarà l’occasione per ascoltare direttamente da Gemma una storia che è personale e allo stesso tempo universale: una storia in cui la “crepa” del dolore diventa il varco attraverso cui entra la luce. Una luce che non cancella la sofferenza, ma la trasforma; che non rimuove la giustizia, ma la accompagna; che non idealizza il passato, ma restituisce un futuro. «Anche dopo un dolore lancinante — ricorda Gemma — si può amare ancora la vita, si può credere ancora negli altri, si può essere ancora felici».

A Materia, questa speranza prenderà voce, gesto e volto. Ed è una voce che vale la pena ascoltare.

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Pubblicato il 21 Novembre 2025
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