Il talento degli ultimi: la scuola che sogna Habu
Secondo l'insegnante, il progetto di una nuova scuola a Gede coordinato dall'associazione Merisha for Kenya è necessario per offrire ai giovani alunni la possibilità di sviluppare il loro talento
Da settimane, a Gede manca l’acqua pubblica, ogni rubinetto è asciutto. A scuola, si deve allora comprare l’acqua a bidoni, una fatica in più, anche se cibo e scuola sono garantiti come sempre a tutti. A coordinare le operazioni logistiche c’è come sempre Habu, insegnante di 32 anni, che sta per fare un passo indietro nella squadra, a favore di Esther: Habu sta per diventare madre per la seconda volta e lo sviluppo della scuola ha bisogno di una coordinatrice a tempo pieno nei prossimi mesi.

Habu, al momento, è in mezzo ai bambini come sempre, anche al centro estivo. E non cede sul suo essere maestra e madre adottiva sempre, per tutti i 130 studenti. Habu vive in un villaggio vicino, nella parte più povera, ma ha avuto la fortuna di riuscire a studiare: «Diventare insegnante è stata una bella conquista, ho sempre voluto stare con i bambini, ma adesso la sfida è impegnativa: dare loro le opportunità che meritano». Porta un nome buffo, lo dice lei stessa: «Habu significa appetito, ma un appetito goloso. Non so cosa avesse in mente mio padre quando decise il mio nome, forse non aveva mangiato quel giorno». E scoppia in una risata che coinvolge.
Habu è molto attenta a dare un senso al suo lavoro: «Crescere gli adulti di domani, che significato piò avere in questa scuola che considero speciale? Sì speciale perché qui si offrono opportunità a chi non ha alternative, non ha altre possibilità, a chi non può permettersi di studiare nella scuola pubblica. Molti di questi studenti arrivano da villaggi davvero di povertà estrema, alcuni bambini vivono situazioni molto difficili in famiglia o nella vita quotidiana. Qui scoprono che c’è un’altra via, un futuro diverso».
Nel suo atteggiamento materno, Habu, è una grande osservatrice e ti fa notare un punto di vista chiave, riguardo a questi bambini: «Dobbiamo dare loro un’istruzione, certo, offriamo loro del cibo ed è bene. Ma in più, dobbiamo dare loro la possibilità di vedere e sviluppare il proprio talento. Ogni bambino è speciale in sé, ci sono quelli molto bravi a scuola, ma anche quelli che sembrano meno portati nello studio, in realtà hanno talenti».

La nuova scuola, il nuovo progetto apre a un futuro che autorizza a sognare: «In questo senso, mi piacerebbe che nella nostra scuola potessimo un giorno avere un maestro di musica. Tra questi bambini, magari, alcuni non sono bravissimi con lo studio tradizionale, ma hanno la musica nel sangue, me ne accorgo ogni giorno anche in questo periodo di giochi. Oppure un maestro di danza che possa dare forma a un talento che vedo in altri bambini qui».
Il talento dei bambini di Gede è un valore genuino che, in primis, ha sviluppato in loro uno spirito di adattamento meraviglioso: il gioco scatena in loro una fantasia geniale, partendo dal nulla o quasi. In chiunque, una scuola che convive con un deposito di materiali edili in disuso, una mezza discarica, suscita un senso di degrado. Per loro, invece, è un mezzo paradiso. Un vecchio copertone è una trottola meravigliosa, secondo i suoi piccoli inventori. C’è uno di questi bimbi, il piccolo Prince che invece è abilissimo a costruire piccole girandole con i tappi delle bottiglie di plastica che trova ai margini della scuola. Li fora con i chiudi arrugginiti del deposito, ci fa passare un filo che attorciglia fino a farlo diventare un elastico meraviglioso che fa ruotare i tappi. Costruisce girandoli e insegna agli altri come fare, in un angolo del cortile.

Allo stesso modo, altri inventano strumenti musicali con pezzi di lamiera e bidoni di plastica vuoti, altri fabbricano palle con stracci e corde. Un altro, oggi, mostra orgoglioso la sua elica realizzata con un barattolo di plastica vuoto. «Tutto questo creare, li aiuta a crescere» conferma Habu, a cui vengono gli occhi lucidi quando pensa all’associazione Merisha for Kenya. «Una bella realtà, partita dall’Italia, che ci ha cambiato la vita».
E la nuova scuola non può più aspettare: «Dobbiamo arrivare a un edificio nostro, una scuola con gli spazi giusti. Perché sì, i bambini qui s’inventano mille cose, creano, ma ovviamente tutti noi adulti lo sappiamo che non è il meglio per la loro sicurezza. Una scuola nuova darà loro la giusta sicurezza, ora ci adattiamo per fare del nostro meglio, ma dobbiamo arrivare al nuovo progetto prima possibile».
Per aderire e sostenere il progetto: AMANI FOR GEDE – La scuola della speranza – Merisha for Kenya






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