Il prezzo della flessibilità lo pagano le donne. Part-time e carriere bloccate nelle fabbriche
Un seminario Uilm porta al centro le testimonianze delle lavoratrici, il contributo delle esperte e il lavoro di rete con i centri antiviolenza: tra discriminazioni invisibili, nuove tutele, cultura della dignità e il ruolo delle “sentinelle” sindacali
«Noi dobbiamo creare rete, essere sentinelle e capire insieme come uscire dalle discriminazioni» ha detto Marinela Cozma aprendo il seminario Metallo Rosa – Donne metalmeccaniche in equilibrio, organizzato dalla Uilm Varese a Villa Cagnola. Una giornata intensa, nata per dare voce alle lavoratrici metalmeccaniche del territorio e riflettere sulle sfide che ancora ostacolano la piena parità nei luoghi di lavoro.
Al centro dei lavori, la lectio della professoressa Paola Biavaschi, direttrice del Dipartimento di scienze umane e dell’innovazione per il territorio dell’Università dell’Insubria, che ha riportato il tema delle discriminazioni dentro il quadro costituzionale e normativo.
La tutela, ha spiegato, nasce dal riconoscimento di una fragilità sociale e strutturale che ancora pesa sulle donne, soprattutto nei periodi di maternità e cura. La docente ha distinto tra discriminazioni civili e penali, ricordando la severità della normativa e l’enorme area di sommerso che circonda molestie, ostilità, violenze verbali e opportunità negate. «Quando ci si trova di fronte a delle discriminazioni – ha detto Biavaschi – spesso succede che i testimoni voltino la testa dall’altra parte. Ciò accade perché subentra la paura di essere essi stessi vittima di discriminazione. Nell’ambiente lavorativo ancora di più, perché le persone vivono grazie al lavoro. Proprio per questa ragione la normativa è molto severa, ma non basta ancora a far risalire in superficie il sommerso che è tanto».
BARCO
A partire da questo inquadramento, il seminario è entrato nella realtà concreta delle fabbriche. Concetta Iodice (Fimi–Barco) ha raccontato un ambiente per anni dominato da stereotipi maschili, dove le donne erano presenti ma invisibili nei ruoli decisionali. Il passaggio al gruppo belga ha aperto uno spiraglio di modernizzazione: primi quadri tra le donne, un clima più inclusivo, ma ancora troppe barriere nella crescita professionale. «Non chiediamo favori – ha detto – chiediamo merito, riconoscimento e pari accesso alle opportunità».
BEKO
Dalla grande industria è arrivata la testimonianza delle delegate Antonella Elia e Chiara Cola (Beko). Con dati e vissuti personali hanno mostrato come la conciliazione vita-lavoro resti affidata quasi esclusivamente alle donne. Il part-time è richiesto per il 99% da lavoratrici, servizi educativi costosi, flessibilità promessa e mai realizzata. Eppure, hanno ricordato, il contratto nazionale metalmeccanico ha iniziato a inserire principi importanti, ora serve portarli dentro la contrattazione aziendale.
LEONARDO
Accanto a loro, la voce di Chiara Grillo (Leonardo) ha aggiunto un tassello sul fronte delle trasformazioni in corso nelle grandi aziende. Dopo aver illustrato e le misure di conciliazione già attive in Leonardo, Grillo ha sottolineato l’importanza di continuare in questa direzione: «Negli ultimi anni si nota veramente un cambiamento di tendenza in azienda. Le donne stanno trovando più spazio e più opportunità di crescita professionale, ma è innegabile che siamo ancora molto lontani da una reale parità sia in termini di ruoli che di riconoscimento economico».
LASCOR E SLIMPA
Anche le lavoratrici Pamela Santini (Lascor) ed Emanuela Cavalieri (Slimpa) hanno evidenziato disparità nei livelli, carenze nei servizi interni, rigidità sugli orari e un welfare che ancora non intercetta il bisogno di chi cura figli, genitori o conviventi fragili. «L’unica forma di conciliazione per essere esonerati dall’obbligo della flessibilità: sono 8 ore di bonus in un anno da suddividere tra giorni lavorativi e festivi e due ore annuali per visite mediche personali» ha detto Cavalieri, sottolineando come le donne rischino di essere penalizzate proprio quando necessitano di maggiore flessibilità.

Fabio Dell’Angelo, segretario Uilm Altalombardia, ha ribadito la necessità di trasformare la cultura di genere in pratica quotidiana: «Abbiamo bisogno di generare cultura: solo se diventa verbo quotidiano riusciremo a cambiare davvero il lavoro». E poi, rivolgendosi alle delegate: «Oggi più che mai dobbiamo essere sentinelle: non è un titolo, è una responsabilità».
Un richiamo forte al ruolo dei rappresentanti sindacali, chiamati a intercettare anche quei segnali invisibili che spesso anticipano discriminazioni più profonde. La psicologa Melissa Paganin, presidente dell’associazione Donnasi-cura, presente a Travedona, Luino e Sesto Calende, ha offerto un quadro dettagliato sul fenomeno della violenza di genere e sul lavoro dei centri antiviolenza della provincia. Dalla violenza psicologica al revenge porn, dallo stalking al mobbing, Paganin ha mostrato la trama invisibile che soffoca le vite delle donne e l’importanza di una rete territoriale capace di accogliere, sostenere e accompagnare. «Ogni donna ha i suoi tempi e i suoi modi – ha spiegato – ma non deve sentirsi sola: da noi trova sorelle, non giudizi».
METALLO ROSA
Le conclusioni sono state affidate a Ester Greco, coordinatrice regionale delle Pari Opportunità Uil Lombardia, che ha ribadito la necessità di una formazione specifica per le sentinelle sindacali, figure ponte tra la rappresentanza e il benessere aziendale. Non solo tutela, ma anche monitoraggio del linguaggio, degli stereotipi, dell’equità retributiva, passi fondamentali in vista della direttiva europea sulla trasparenza salariale.
“Metallo Rosa” nasce così, come ha ricordato Cozma, per diventare un gruppo permanente, non un’iniziativa “da ricorrenza”. Un luogo di ascolto, confronto e progettazione per portare nelle fabbriche cultura della dignità, strumenti di tutela, occasioni di crescita e una sorellanza concreta.






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