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Volontariato in Italia nel 2023: meno partecipazione, ma cresce l’impegno diffuso

Il report ISTAT fotografa un Paese in trasformazione. Nonostante il calo dei volontari rispetto al 2013, aumenta il numero di persone attive su più fronti e cresce l'impegno orientato alla collettività

associazione il cortile

Il volto del volontariato italiano cambia. Lo rivela il nuovo report ISTAT sul lavoro volontario, condotto nell’ambito dell’Indagine sull’Uso del Tempo 2023. A dieci anni di distanza dalla precedente rilevazione, emerge un quadro fatto di luci e ombre: cala il numero di volontari, ma si rafforza l’impegno di chi sceglie di donare il proprio tempo. E crescono le forme di partecipazione meno tradizionali, più flessibili e orientate alla collettività.

Meno volontari, ma più attivi su più fronti

Nel 2023, circa 4,7 milioni di italiani dai 15 anni in su hanno svolto attività di volontariato – in forma organizzata, diretta, o entrambe – pari al 9,1% della popolazione, con un calo di 3,6 punti percentuali rispetto al 2013. A fronte di questa diminuzione complessiva, si assiste però a una crescita significativa dei volontari “ibridi”: il 21,7% (circa un milione di persone) combina attività organizzate e aiuti diretti, più del doppio rispetto a dieci anni prima.

L’impegno più strutturato attraverso organizzazioni coinvolge il 6,2% della popolazione, mentre l’aiuto diretto – rivolto a persone o realtà esterne alla propria famiglia – riguarda il 4,9%. Le due modalità non si escludono, ma si integrano sempre più spesso.

Le aree più attive: Nord in testa, Sud in difficoltà

Il volontariato resta un fenomeno con forti differenze geografiche. Il Nord, soprattutto il Nord-Est, si conferma l’area con la partecipazione più alta: qui il 9,1% della popolazione svolge attività organizzate e il 6,2% fornisce aiuti diretti. Al contrario, il Mezzogiorno presenta i valori più bassi (rispettivamente 3,6% e 3,4%).

Negli ultimi dieci anni, la flessione è stata generale ma più accentuata al Centro e al Sud. Anche il divario generazionale è marcato: l’impegno civico si mantiene stabile tra gli over 65, mentre cala soprattutto tra i giovani e i 25-44enni.

Istruzione e condizione sociale contano

Il livello di istruzione è uno dei principali fattori associati alla partecipazione: tra i laureati il 10,3% fa volontariato organizzato e il 7,9% offre aiuti diretti. Le percentuali scendono progressivamente tra i diplomati e chi ha titoli di studio inferiori. Anche in questo caso, però, il trend è in calo rispetto al 2013, specialmente tra i diplomati.

Interessante anche il dato per condizione occupazionale: i pensionati risultano i più attivi nel volontariato organizzato (7,8%), seguiti da occupati (6,3%) e disoccupati (5,9%). Gli studenti mostrano un netto calo rispetto al passato, ma chi è coinvolto dedica più tempo rispetto a dieci anni fa.

L’impatto della pandemia: meno costanza, più flessibilità

La crisi sanitaria da Covid-19 ha cambiato abitudini e modi di partecipare. Ben il 71% dei volontari attivi nel 2023 lo era già prima della pandemia, ma circa un quarto ha iniziato dopo il 2020, in molti casi per motivazioni nuove. Tra questi ultimi, prevale l’impegno diretto e occasionale, più adattabile alla nuova quotidianità.

Oltre la metà di chi era già volontario prima della pandemia ha modificato il tempo dedicato all’attività, e in generale è cresciuta la quota di chi ha intensificato il proprio impegno, specie negli aiuti diretti.

Impegno più intenso tra chi fa entrambe le modalità

In media, ogni volontario dedica 18 ore al mese alla propria attività. Chi combina volontariato organizzato e aiuto diretto supera le 28 ore mensili, mentre chi opera solo in gruppo o solo in forma autonoma si attesta intorno alle 17 e 11 ore rispettivamente. I pensionati sono i più attivi in termini di tempo dedicato, seguiti da disoccupati e casalinghe.

Volontariato organizzato: cambiano i settori

Le attività culturali e ricreative diventano il settore più frequentato nel volontariato organizzato (23,9%), seguite da assistenza sociale e protezione civile (22%). Cala invece la presenza nei settori religiosi, sportivi e sanitari, anche a causa della crescente professionalizzazione di alcuni servizi.

Le organizzazioni di volontariato (OdV) e le associazioni di promozione sociale (Aps) coinvolgono oggi quasi la metà dei volontari organizzati. Diminuisce la partecipazione a movimenti e gruppi informali, mentre cresce quella in realtà meno strutturate o difficilmente classificabili.

Aiuto diretto: meno amici, più ambiente

Nell’aiuto diretto si assiste a un ribaltamento dei destinatari: cala il supporto a conoscenti e amici (dal 66,8% al 56,7%) e cresce quello verso collettività, ambiente e territorio (dal 16,6% al 31,3%). Sempre più cittadini preferiscono impegnarsi per cause pubbliche piuttosto che per relazioni personali.

Tra i motivi principali per scegliere l’aiuto diretto non organizzato, prevalgono la volontà di autonomia (14,1%) e l’idea che non serva un gruppo per svolgere l’attività (54,4%).

Motivazioni e benefici: tra ideali e concretezza

Chi fa volontariato organizzato lo fa soprattutto per ideali condivisi (31,1%) e per contribuire al bene comune (21,5%). Al contrario, chi offre aiuto diretto è più motivato da emergenze (27,5%) o dalla necessità di assistere persone in difficoltà (24,6%).

I benefici percepiti sono molti: il 26,1% dichiara un miglioramento del benessere personale, il 20,4% segnala un ampliamento delle relazioni sociali. Cresce anche la consapevolezza civile, seppur in misura minore rispetto al passato.

IL REPORT INTEGRALE 

Pubblicato il 04 Agosto 2025
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