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Nell’Hub Covid dell’ospedale di Varese: “Chi non capisce la gravità della situazione venga a farsi un giro qui”

Viaggio nel reparto da sempre in prima linea nella lotta al covid, tra turni di 12 ore e letti sempre pieni. "La cosa più difficile? Dover confrontarsi con la doppia realtà: quello che vediamo noi qui dentro e quello che dice l'opinione pubblica al di fuori"

«Dover confrontarsi con la doppia realtà: quello che vediamo noi qui dentro e quello che dice l’opinione pubblica al di fuori. È completamente diverso». Secondo Gabriele, un infermiere dell’Hub Covid dell’ospedale di Varese, è questa la parte più dura di questa nuova ondata dell’epidemia del Covid. Lo racconta mentre finisce l’ennesimo giro tra i malati: un prelievo, un’ecografia e un letto da disfare e mandare a sanificare. Una situazione che -per lui e per tutti gli uomini e le donne che lavorano in ospedale- ha riportato il calendario indietro di mesi e ha nuovamente riempito i letti.

«Questo è il reparto dell’ospedale dedicato al Covid che anche dopo la prima ondata non ha mai chiuso -racconta Giulia Cappellari, referente infermieristico del reparto-. È stato abbastanza tranquillo fino a metà settembre dopodiché siamo passati da 16 malati ad averne 44 positivi e in questo momento siamo pieni». Il telefono continua a suonare, si cercano sistemazioni per i nuovi ricoveri. L’ultima telefonata è quella per trovare un posto ad un ragazzo di soli 18 anni. «Ormai c’è un po’ di tutto. Ci sono dei ragazzi giovani con sintomi seri, persone meno giovani ma con sintomi un po’ più seri che non possono gestire da soli e poi gli anziani che magari arrivano in Pronto Soccorso con tutt’altra problematica e poi si scopre che hanno anche il Covid. C’è di tutto, di tutte le età e di tutte le gravità. Quindi nessuno deve sentirsi tranquillo».

E così giorno dopo giorno aumentano i ricoverati, quelli che nei bollettini della Protezione Civile sono numeri ma che qui hanno nome, cognome, storie e famiglie. «La nostra preoccupazione vera è la crescita ulteriore dei contagi -spiega Francesco Dentali, direttore del dipartimento di Medicina Generale dell’ospedale di Circolo- perchè negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un grosso aumento dei contagi e nonostante il Pronto Soccorso mandi a casa tutti quelli asintomatici o con pochi sintomi ci sono comunque una serie di pazienti che ha bisogno di assistenza».

Il Covid Hub dell'ospedale di Varese

Un problema non da poco perchè il decorso della malattia è molto lungo e i dimessi non riescono mai a compensare il numero dei nuovi ricoveri. E così l’ospedale si riorganizza tornando ad aprire reparti dedicati al covid, spostando il proprio personale e tornando a turni lunghissimo. «La vita qui per noi è cambiata in peggio -continua- penso agli infermieri che adesso sono tornati a lavorare su turni di 12 ore o ai miei medici che si trovano giorno per giorno a far fronte ad un numero di malati in costante aumento. Noi siamo tutti prestati all’hub covid, nessuno nasce specialista di questa malattia, ma tutti noi ci stiamo impegnando per curare e salvare quante più persone possibile. Pensare che ci sia ancora qualcuno che dice che tutto questo non esiste è semplicemente ridicolo. Basterebbe che venisse qua un’ora per capire cosa sta succedendo».

Anche qui si percepisce che la fase degli eroi è finita «ma nessuno di noi si è mai sentito tale -puntualizza Cappellari-. Noi abbiamo studiato consapevoli di quello a cui andavamo incontro e stiamo facendo questo al meglio delle nostre possibilità». E tutti sorridono quando pensano a chi è infastidito dall’usare la mascherina chirurgica. Loro, che si riconoscono solo dagli sguardi e che ogni giorno lavorano sudando nelle tute di bio-contenimento con un doppio paio di guanti, mascherine dalla FFP2 in su, occhiali, visiera, copriscarpe e cappuccio. «Qui c’è in ballo la vita delle persone, ci si rimbocca la maniche e si va avanti».

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it
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Pubblicato il 27 Ottobre 2020
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