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Lo stretto legame fra disastri idrogeologici e clima

Il punto di Federico Pasquaré Mariotto, professore associato di “Comunicazione delle Emergenze Ambientali”, all'Università degli Studi dell’Insubria di Varese

Maltempo nel Varesotto

Dopo gli eventi climatici eccezionali di due settimane fa pubblichiamo l’intervento di Federico Pasquaré Mariotto, professore associato di “Comunicazione delle Emergenze Ambientali”, all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese.

Il nubifragio del 7 giugno scorso ha scatenato un evento alluvionale fra i più violenti nella storia recente dell’Alto Varesotto. Il picco di piovosità estrema, e l’entità delle sue conseguenze, hanno riacceso il dibattito sull’annoso problema del rischio idrogeologico, una delle maggiori criticità del Bel Paese. Come è noto, il territorio della penisola è giovane e geologicamente molto attivo, a causa delle enormi pressioni dovute alla convergenza, ancora in atto, fra la placca Africana e quella Europea.

Il risultato di quest’incessante attività geodinamica e tettonica è  rappresentato, oltre che da vulcani e terremoti, dalla presenza di grandi catene come le Alpi, le Prealpi e gli Appennini.
Tutte le aree montuose al mondo sono soggette a livelli molto elevati di rischio
idrogeologico, che si concretizza nella possibilità di fenomeni franosi e alluvionali. Le frane derivano dalla naturale instabilità dei versanti ad elevata pendenza, accentuata dalle precipitazioni, mentre le alluvioni sono intrinsecamente connesse a eventi di piovosità eccezionale, come quello del 7 giugno 2020.

Quando si parla di eventi meteorologici estremi, è inevitabile il riferimento ai cambiamenti climatici. Una precisazione è però d’obbligo. Come sostengono molti fra coloro che dubitano dell’emergenza globale, non c’è dubbio che il clima sia sempre cambiato: si tratta di un dato di fatto incontrovertibile, testimoniato dall’alternanza di condizioni ambientali diametralmente opposte lungo l’intera storia geologica della Terra.

Ad esempio, alla vigilia dell’Era Paleozoica, il pianeta venne avvolto per alcuni milioni di anni da una morsa di ghiaccio estesa dai Poli all’Equatore. All’estremo opposto, 300 milioni di anni fa, durante il Carbonifero, e poi ancora 55 milioni di anni fa, alla transizione fra due epoche dell’Era Cenozoica, il Paleocene e l’Eocene, la Terra si trovò completamente priva di ghiacci ai Poli, con una temperatura media ben superiore a quella attuale.

Ciò che non può essere negato è il fatto che l’innalzamento delle temperature medie globali stia oggi avvenendo con sorprendente rapidità. Nel 2018, il team di scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha presentato il documento Global Warming of 1.5°C, nel quale si prevede un aumento della temperatura di 1,5°C tra il 2030 e il 2052 rispetto ai livelli pre-industriali, se le emissioni continueranno al ritmo attuale.

Un innalzamento della temperatura media di un grado e mezzo in 250 anni non ha precedenti nella storia geologica. Ed è proprio la velocità del riscaldamento globale l’elemento di maggior preoccupazione per gli scienziati e i politici che hanno a cuore il destino climatico del mondo.

Un altro aspetto cui prestare la massima attenzione è la possibilità che un clima globale altamente instabile possa promuovere maggiori contrasti meteorologici a livello locale, favorendo eventi di piovosità concentrata in tempi brevissimi, con conseguenze drammatiche a livello territoriale.

Ormai è sotto gli occhi di tutti: un clima sempre più estremo e imprevedibile può contribuire in modo determinante ai disastri idrogeologici. Ecco perché la lotta ai cambiamenti climatici non dovrebbe riguardare solo una ristretta cerchia di scienziati e attivisti, ma la società nel suo complesso, a partire dalle giovani generazioni.

Federico Pasquaré Mariotto, professore associato di “Comunicazione delle Emergenze Ambientali”, all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese

Pubblicato il 22 Giugno 2020
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