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Bonomi: “Il Paese attende 53 riforme, ora i soldi per farle ci sono”

Il presidente di Confindustria nazionale è intervenuto all'assemblea generale di Univa

Economia varie

Dopo aver ascoltato la relazione di Roberto Grassi all’assemblea generale dell’Unione industriali della provincia di Varese, Claudio Magri, vicedirettore dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, esclama: «Tanta roba».
Magri, che aveva il compito di intervistare il presidente di Confindustria nazionale, Carlo Bonomi, è partito proprio dalla metafora usata da Grassi per la ripartenza, ovvero il volo Malpensa-futuro, che oltre alle imprese dovrebbe avere a bordo, tutti insieme appassionatamente, anche politici e forze sociali.
«Oggi è dunque il momento di decidere e di cambiare – ha detto Magri, rivolgendosi a Bonomi – ma c’è il rischio delle turbolenze in volo e poi ci sono  i fantasmi del passato che adesso possono tornare: l’inflazione, i paesi indebitati, il gioco delle bandierine del consenso effimero».

Il presidente di Confindustria si è detto orgoglioso di rappresentare, in un anno difficile come quello appena passato, «la parte bella del Paese» che ha tenuto in piedi l’Italia. «Abbiamo retto – ha ribadito Bonomi – perché ha retto l’industria manifatturiera. Se fossimo in qualsiasi altro paese del mondo, verrebbe ricordato tuti i giorni e il sistema imprenditoriale verrebbe difeso. Invece da noi le turbolenze sono domestiche».

Il Pnrr, secondo Bonomi, è l’occasione storica per fare le riforme che attendiamo da trent’anni, prime fra tutte: fisco, previdenza, concorrenza e ammortizzatori sociali. «Una volta c’era l’alibi della mancanza di risorse ora non più, i soldi ci sono e sono tanti. Il Paese ha bisogno di cinquantatré riforme per togliere il collo di bottiglia che non permette alle imprese di lavorare al meglio».

Sulla transizione ecologica, ambientale ed energetica, il numero uno di Confindustria apre una riflessione delicatissima, chiedendosi molto schiettamente se esista una governance mondiale oppure se ognuno va per la sua strada. «Gli obiettivi sfidanti dell’Europa non impattano per nulla se poi la Cina fino al 2035 continuerà a usare il carbon fossile».

Il presidente di Confindustria sa che la politica vive di consenso, ma non può fare a meno di domandarsi se debba farlo anche in un momento storico cruciale per il futuro del Paese. E allora prova ad alzare il tiro ponendo un’alternativa stringente e nemmeno troppo retorica: bisogna essere politici o statisti?
«Il ruolo di rappresentanza deve andare al di là del proprio ruolo – conclude Bonomi – il mio dovere è guardare al Paese e questa è una occasione storica per farlo. Perché un giorno i nostri figli ce ne chiederanno conto».

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Pubblicato il 27 Settembre 2021
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