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“Ho accompagnato mia figlia nel bosco a comprare l’eroina”

L’appello di una madre alle prese con le dipendenze. “Ai tempi non sapevo che lo spaccio fosse arrivato fin qui, le famiglie vanno aiutate”. I segni a cui prestare attenzione

Generico 16 Jan 2023

Prima di leggere questo articolo è bene sapere che si sta facendo un salto indietro nel tempo, circa 7 – 8 anni fa, quando il fenomeno dello spaccio nei boschi delle valli del Nord del Varesotto ancora non c’era. O meglio, non era visibile e relativamente sotto i riflettori come avviene oggi sebbene i fenomeni di spaccio attorno alle grandi aree urbane, nei parchi, e soprattutto nelle macchie boschive stava invece cominciando a montare grazie all’invasione del mercato delle droghe pesanti con l’abbassamento dei prezzi di cocaina ed eroina. Quindi se un tempo per “comprare“ si dovevano percorrere diversi chilometri verso Sud, via via questo fenomeno è cambiato, con una progressiva colonizzazione verso le aree di confine dove sono sorte come funghi le piazze di spaccio in mezzo alle montagne. Ancora non si sapeva. Non tutti sapevano.

«Per questo, quella volta in cui oramai diversi anni fa mia figlia mi chiese di portarla a Marzio per una commissione non mi feci troppe domande: aveva un amico che abitava da quelle parti. La accompagnai e la aspettai in auto. E tornò praticamente fatta. Allora da lì cominciai a capire». Il racconto per questioni di riservatezza non avrà nomi né riferimenti geografici legati alla residenza di questa famiglia ma è intuibile che la zona di riferimento è la Valganna, non distante dall’area in cui è stato girato il video del consigliere comunale che Varesenews ha pubblicato in alcuni stralci. Da quel giorno la vita di questa famiglia – composta in tutto da cinque persone – è cambiata.

«Quando la droga arriva in casa, tutto si trasforma e si entra in una dimensione che si spinge in un buco nero, un crescendo fatto di prima di preoccupazioni, poi di piccoli sospetti, e ancora cambiamenti di umore, ed eccessi. Poi rabbia. Poi violenza». Parole che arrivano da una madre e da un padre che in silenzio raccontano e lanciano un grido che non vuole essere fine a se stesso ma proiettato verso chi sta nella stessa situazione, per aiutare. «Non ti immagini che tuoi figlio possa trovarsi invischiato nella droga. Beh ci siamo dovuti ricredere quando abbiamo visto spacciatori sotto casa che lanciavano i pacchettini di cellophane a mia figlia sul balcone o quando la spettavano sotto casa per le consegne».

Quello che vuole essere un invito alle istituzioni «che si facciano carico di aiutare le famiglie in difficoltà e alle prese con questo problema», in realtà torna utile per riuscire a captare subito i segnali. «La carta stagnola che sparisce o che viene ritrovata annerita («ma no mamma, mi sono fatta la tinta»: viene usata per essere scaldata a inalare il fumo). I cambi d’umore repentini per qualunque cosa. L’auto con le gomme continuamente tagliate o rovinate: sono le strade in mezzo ai boschi che devi fare per arrivare a comprare la roba». E poi la faccenda delle carte d’identità. «Se non hai i soldi per pagare gli spacciatori, devi lasciargli un documento. La carta d’identità, o la patente che spesso finiscono nelle mani di altri acquirenti, quindi mi sono trovata mia figlia con in mano tessere sanitarie o documenti di sconosciuti: in questo modo sanno dove abiti. È un fatto che produce una forte influenza sulle persone».

E adesso? «Adesso lei ha intrapreso un percorso di disintossicazione in una struttura protetta. È in comunità. Scrive poesie, e speriamo che tutto finisca. Ma abbiamo paura per gli altri nostri figli, per gli altri ragazzi che conosciamo, così esposti, e vulnerabili».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 20 Gennaio 2023
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