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Armio, il buen ritiro dei tedeschi ostaggio dell’erosione

Armio è una bomboniera dai tetti d’ardesia, ma il versante della montagna mette a repentaglio questa tranquillità, così da obbligare Regione Lombardia a intervenire con 800 mila euro

Armio, reportage dal dissesto

Sotto, là, più in basso il forte rumore del Giona che scende a valle con grande impeto fa capire chi comanda: l’acqua. Siamo in un paese circondato da verde profondo e silenzio, fra le strette vie di Armio che se non ci fosse qualche cartello a indicarci l’appartenenza al Varesotto (o al Comasco, una volta), avrebbe le fattezze della capitale del regno Walser.

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Invece era sì capitale, ma della più piccola e meno nota Veddasca. Ma come nel territorio Walser anche qui un tempo si parlava una lingua strana come l’oramai famoso Larghesepp, l’idioma che sta tornando al centro di un progetto culturale che farà rivivere un pochino la valle.

“Una rinascita” l’ha definita il sindaco Fabio Passera. Quello che invece sembra morire, è il versante della montagna che “tiene su” il paese e la strada provinciale che dal fondovalle si snoda per chilometri fra curve, boschi di faggio, abeti, minuscoli abitati e baite.

Una situazione, quella del dissesto idrogeologico, altra faccia della medaglia di una bellezza incontrastata di questa natura selvaggia e ruvida, ma affascinante.
Basta addentrarsi in paese a poca distanza dalla mitica trattoria che ancora resiste a colpi di polenta taragna e cinghiale, che i segni dell’erosione si vedono nettamente.

Per questo alcune settimane fa la Regione Lombardia ha erogato 800 mila euro per risistemare il versante del Giona interessato da questo problema. Un pacchetto di interventi stanziati il 30 marzo scorso che rientra nei 29 di tutta la regione, per un valore complessivo di 15 milioni.
Ma quali sono i danni da dissesto idrogeologico qui ad Armio? Siamo andati a vedere.

Armio, reportage dal dissesto

Ci sono due segnali che qualcosa non va. Il primo, più visibile, riguarda ampi tratti di terreno che franano a valle. Si distinguono nelle foto scattate per via del diverso colore della terra di recente mossa verso il basso.

Ma c’è dell’altro. Passeggiando per le stradine di montagna in alcuni punti le case presentano delle crepe, più o meno visibili. Non sono grandi, ma segnano visibilmente le facciate. Ci troviamo a pochi metri dal forte pendio che porta giù dove scorre il fiume.

Il paese è abitato tutto l’anno, ma sono più le residenze con le gelosie chiuse che non quelle con le lampadine accese all’interno. Si tratta per la maggiore di case vacanze di tedeschi o turisti provenienti dalle Svizzera interna o ancora olandesi che sembrano amare particolarmente questi luoghi ricchi di natura e quiete. Per questo i prezzi delle case non sono propriamente a buon mercato: il buon livello di conservazione urbanistica lo si deve alle ristrutturazione nei decenni passati di vecchie baite ora rese dimore estive.

Un equilibrio che fa perno sui turisti alla ricerca di una tranquillità che deve venir garantita da interventi urgenti sui versanti.
Sulla strada del ritorno anche la provinciale, poco dopo l’abitato, segna movimenti recenti a valle: qui, in caso di interruzione, l’unico modo per scendere a Maccagno è passare dalla vicina Svizzera.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 03 Maggio 2016
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